SELFMADE WOMAN
di Mauro Mongarli


Alla fine abbiamo deciso che alzarsi alle 4 come per un ironman ufficiale non esisteva proprio.
Così abbiamo scelta una zona libera sulla riva del lago per la tenda, e siamo andati a dormire. Nessuna sveglia, giusto il sole.
Una volta svegli, il mattino dopo, la prima cosa fu scegliere la strada da fare dopo il nuoto secondo le previsioni del tempo, impersonate dal Vecchio Del Lago. Era già in piedi, così gli chiedemmo:

– Dormito bene? Vorremmo fare un giro in bici attraverso le colline, oggi... Dicci che sarà bel tempo!–
– Mmh. Non posso. Un paio d'ore da adesso va bene. Ma se state fuori di più, vi bagnate –

Così decidemmo per il percorso che prevedeva la montagna più alta, in quanto la più vicina, e poi dritti giù fino alla città. E poi, chissà.
–Ci dai un'occhiata alla tenda, mentre siamo via? –
– Volentieri! – rispose il Vecchio Del Lago, guardandoci obliquamente, per via delle mute che stavamo indossando.

L'acqua era fredda, ma godibile.

__
– Allora, il tuo miglior tempo a nuoto in un ironman? –
– 55 minuti e rotti –
– Io un'ora e sette. Potremmo stare in acqua diciamoooooo... un'ora e uno, un'ora e due, ok? –
– Mi pare equo–

Splash! Mi diressi verso le barche del porticciolo - c'era una barca simile alla mia, e volevo vederla meglio. Il mio amico andò verso l'accampamento di motociclisti sull'altra sponda del lago - gli sono sempre piaciute le Harley.

Il lago è molto piccolo, così ci siamo incrociati due o tre volte, giocando e spruzzandoci. Una volta abbiamo fatto il gioco dell'ITU, provando ad affogarci.

Per farla corta, dopo un'ora e dieci eravamo ancora in acqua, mezzi congelati.
Su Triathlete scriverebbero "un'animata, impegnativa frazione a nuoto", ma non potrebbero sapere che io ho rubato un paio di grandi idee per la mia barchetta Clementina e il fanatico del mio amico si è fatto fare un numero di gara particolare: quello di cellulare di due ragazze del gruppo di motociclisti.

Una volta raggiunta la tenda abbiamo dato vita ad un cambio quasi da gara sprint, in realtà stavamo morendo di freddo!

Comunque prepariamo le bici, gli zaini e via andare.

– Tutto bene? –
– Sì! Credo abbiamo fatto bene a non prendere l'altra strada, guarda: vengono su già ora delle nuvole scure dall'altro laghetto–

Ma non avevo notato un nuvolone che ci stava raggiungendo da dietro...

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Ok, seconda frazione. Non siamo aero come Lothar Leder, con la roba per correre sulla schiena, ma siamo ben su con il morale.

– COWABUNGA! – grido - i primi due km sono in discesa!
– KINGK KAMEHAMEHA! – urla il mio amico, che forse vorrebbe un po' del caldo delle Hawaii, in questo momento. Infatti, ormai è chiaro che sta per piovere. La luce del giorno ormai fatto però non riesce ad essere tutta grigia: il verde dei boschi si fonde con il diverso verde dei laghetti della zona, e i fiori primaverili sputano fuori tutto il sole accumulato durante i bei giorni precedenti.

– Fermiamoci un attimo: decidiamo bene dove andare, prima che piova –

Secondo la cartina c'è un villaggioa 40 km e, lungo la strada, abbastanza case cui chiedere ospitalità in caso di tempo davvero brutto.
La strada corre veloce, ora, ma il panorama è tutt'altro che noioso. Andare veloci attraverso la valle ci riscalda , e raggiungiamo il villaggio della mappa in un batter d'occhio. Giusto il tempo di entrare in contatto visivo con una piccola fattoria, con qualcuno che ci sorride e ci viene incontro, e comincio a venir giù un diluvio.

– Da dove venite? –
– Dal lago grande–
– In bici?–
– Solo sulla strada. Prima abbiamo nuotato nel lago. E grazie a te per oggi non nuotiamo più!– Ora piove fortissimo.

Questa famiglia non ha mai sentito parlare di triathlon, ma è solita andare in bici fino al lago per fare picnic, una nuotata e una corsetta sulle rive di quella splendida pozza.

– Eravamo triatleti e non lo sapevamo!– Ci salutano così, ad acquazzone sfogato, ma prima chiediamo loro una bella strada per arrivare al mare.

– Proseguite nella valle per altri 30 km, poi girate per la città grande. Ma prima della città prendete per il quartiere dell'ospedale: da lì potete raggiungere il mare facilmente perstrade di campagna, a piedi.

Più di quanto sperassimo! Solo 140 km per l'ospedale... On the road again!

Oddìo, solo... ora c'è la salita! Lunga e irregolare, e ora fa caldo, molto.
Per fortuna troviamo buona compagnia: le ragazze delle Harley!

– Ciao fusti! - un dente più duro.
– Che bei culi avete! - due denti più duro
– Hey, ancora il mio numero sul braccio, tu! - 53 innestato e caduta clamorosa del mio amico!

Queste ragazze sono davvero forti, e il fatto che siano lì insieme a quegli armadi quattro stagioni dei loro uomini non rvina il nostro buon umore.
Comunque ci lasciano a metà salita.

– Sai cosa? Tutto' sto silenzio mi rende quasi sordo...–
– Zitto E' la salita. Ricorda che ci stiamo divertendo. Goditi la tua essenza–

Mi ci vogliono solo altre due rampe per buttare il saio da monaco Zen nei cespugli.

– Oh, non ce la faccio più. Ho i crampi dappertutto. Voglio una moto, anzi, un taxi-

– Sta bene, stai qui. Ciao–
E se ne va via agile!

Di odio ho il cuore ricolmo, e raggiungo il mio amico con uno scatto imperioso, presa bassa alla Pantani. Lo guardo fisso, aspetto l'espressione della sua sorpresa. Invece lui mi guarda e mi dice semplicemente:

– Bugiardo-

Io prendo la mia borraccia e gliela verso tutta in testa, gridando e ridendo. Il fatto che la fine della salita sia in vista e a non più di 300 metri probabilmente ha una qualche influenza su questo mio exploit idrico.

E ora, discesa fno alla città.
Decidiamo, una volta arrivati, di andare fino alla stazione ferroviaria, così possiamo spedire indietro le bici in zona lago via treno. E' una deviazione che ci porta giocoforza nel traffico cittadino, dopo tanta pace... Parliamo appena, è come essere di lunedì mattina, io in ufficio, il mio amico in banca. Ad un certo punto realizziamo che il mare è a circa 50 km, MOLTO PIU' di 42, 195...

Eccoci qua.
Depressi, perché tutta la nostra voglia di andare oltre il concetto di ironman non sono forti come pensavamo.
Stanchi, perché credevamo/speravamo fosse tutto divertimento, ma è bastato attraversare un centro trafficato e siamo tornati del nostro umore cittadino.
Pieni di dubbi, pure: le bici arriveranno sane a destinazione? WE se non c'è treno per tornare, stasera? E se raggiungiamo il mare ma poi nessuno ci crede?

Abbiamo pensato: cosa farebbe Mark Allen in questa situazione, o il comandante Collins stesso? Cosa farebbe questo, o quella?
Quando abbiamo pensato cosa faremmo noi, il sole è tornato a splendere nel nostro lungo giorno.

– Ascolta, io adesso penso a cosa farei io, in questa situazione -
– M a tu SEI in uqesta situazione!-
- Ragione di più, non trovi-
- Mmh -

D'improvviso, realizzammo che questo non era altro che il momento, durante un ironman, nel quale non te ne frega più niente di niente. Era solo un po' più profondo: parlava di noi nel mondo reale. Questo portò ad una esplosione di motivazione.

In quel momento, alla stazione, passò una donna che credevo di conoscere.

- Scusi, signora, ci conosciamo?-
La donna guardò il mio completo da corsa e disse:
- Sei un corridore, forse mi hai vista in tv...-

E' lei!

- Sì! Lei stava cantando l'inno di Mameli a Mosca! -

- Sì, ricordo ancora le parole, ma non chiamarmi signora - corro ancora, sai...-

Era Gabriella Dorio, campionessa olimpica sui 1.500, a Mosca! La mia eroina.
Autografo, spiegazione del nostro progetto, sua benedizione al tutto.

Ragazzi, che peccato, solo 50 km fino al mare!!!


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Ora che eravamo stati benedetti, non ci poteva fermare nessuno.
Immaginateci: cercavamo l'odore del mare tirando su con il naso in un'affollata stazione ferroviaria. Un poliziotto ci guardava proprio male.

Di corsa, quindi, attraverso la periferia, ed era proprio brutta. Grigia e triste. Era ora di cena, e c'era poca gente in giro.
Eravamo oggetto di lazzi e scherzi da parte di diversa gente, presa da quella tipica noia da sobborghi di città ben più grandi... non riuscivo a capire perché ci fosse anche qui.

- Effetti della globalizzazione? - azzardò il mio amico.
Troppo stanco per argomentare bene, accolsi anche questa emozione, realizzando pienamente che un Self Made Man può essere un vero, intenso viaggio.

Dopo la periferia, il grano. Infinito. La strada era buona, senza gran traffico, ma il lungo dritto attraverso i campi di grano mi fece impazzire per 10 km. Dovetti fermarmi per non guardarlo, per un po', ma l'alternativa era la zona industriale... ancora più grigia dei sobborghi appena superati.

Entriamo in un pub. Vogliamo informazioni per una strada migliore, e raggiungere presto il mare.

- Prendete la parallela, la principale con le ville. Ci sono molte auto, però-

La prendiamo. Macchine, sì, ma ville antiche e meravigliose, giardini favolosi... Siamo vicini alla Regina del Mare, e questa ne è la prova: i nomi della ville sono uguali a quelli dei dogi di... ok. Ok, non è un segreto!

Siamo partiti dal lago di Garda. Siamo venuti giù per un po' di Alpi fino alla pianura. Stiamo andando a Venezia, e ora siamo sulla Riviera del Brenta.

- Siete sul percorso della Venice Marathon! - ci grida un podista locale.
- Dicci come si arriva al mare!-

E' preciso e gentile.
Ci indica strade non belle ma rapide e, al tramonto, solo un lunghissimo ponte sulla laguna ci separa da Venezia.

Siamo in pratica soli in mezzo al mare.
Fortunatamente, dopo un po' che finalmente l'odore del mare lo sentivamo, all'imbocco del ponte sentiamo anche profumo di hotdog.
E' una famiglia russa con il camper, che sta cenando e ci offre ospitalità.

- Hey, gli hotdog non ci sono ai ristori degli ironman ufficiali!- dico.

Sicuramente capiranno tutt'altro: cominciano a mostrare un po' d'orgoglio nazionale e tirano fuori della vodka. Impossibile rifiutare.
Dopo dieci minuti siamo tutti serenamente ubriachi, e il figlio più grande decide di correre con noi fino a Venezia, con tutto il camper a fare il tifo!

Siamo felici, non solo brilli, e in questo stato tocchiamo le antiche pietre della città più bella del mondo.
La notte è calata, c'è una brezza gentile.
Sono in lacrime, il mio amico canta.

I russi ci offrono una doccia: in effetti eravamo in uno stato tale che nessuno degli alberghi che pensavamo di contattare ci avrebbe accolto!

Ce l'abbiamo fatta, alla fine.
Abbiamo attraversato una vasta regione e visto tante persone, differenze, cità, panorami... Molte cose brutte, anche. Ma abbiano avuto la possibilità di confrontarle con noi e i nostri, di problemi. abbiano avuto tante occasioni per costruirci delle idee e delle opinioni. Non filtrate. Non imposte. Solo nostre. Solo noi.

Questo è bello, amici.
Questo è sapere.
Questa è vita.

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