Quella volta...

Peccato non esserci stati, è vero. Perché allora non condividere le proprie vicende triatletiche più strane, divertenti o commoventi?

L'indirizzo cui mandarle è sempre

testim@pol.it

e non esiste storia troppo vecchia per IronMauro!

E' con grande onore e vero piacere che tra le Storie di IronMauro ospitiamo uno scritto di un grande ironman italiano, Amedeo "Ironmerd" Bonfanti, un vero globetrotter della tripla distanza, un'incarnazione dell'antico spirito di quel lontano giorno del 1978, alle Hawaii... A lui la parola!

Caro IronMauro,
eccomi a tua completa disposizione cercando di trasmettere qualche mia sensazione riguardo il variopinto mondo del triathlon versione Ironman che per lo scrivente si traduce, come tu ben sai, in Ironmerd, ovverosia una vera e propria filosofia di vita sportiva vissuta all'insegna della demolizione del triatleta concepito come un individuo di ferro, indistruttibile mentre a mio modesto parere anch'egli formato come tutti gli altri esseri umani da carne ed ossa (a dire il vero nelle ore precedenti il fatidico start non solo l'unico che, in preda ad una forte tensione emotiva scarica la stessa in numerosi pit-stop nei prati circostanti la zona cambio evitando quelle inutili code ai pochi servizi messi di solito a disposizione dall'organizzazione...).


Nel mio girovagare tra le varie nazioni ospitanti competizioni sulla lunga distanza (vista la velocità e la conseguente frenesia a cui si effettuano i cosiddetti "olimpici" ho pensato bene da qualche anno di non prendervi più parte) ho conosciuto elementi  "umanamente grandiosi" per gli insegnamenti che di volta in volta mi hanno trasmesso.
Un principio fondamentale dell'Ironmerd-pensiero è quello di considerare tutti i partecipanti alla gara alla stregua di compagni d'avventura e di bandire qualsiasi sentimento d'invidia (ahimè molto presente nel mondo della triplice disciplina).
Pertanto essere felici e complimentarsi sempre se un atleta ti precede alla fine della competizione e porsi come unico obiettivo quello di dare il meglio di se stessi senza essere schiavi del crono finale.
Come avevo scritto sull'articolo pubblicato su Triathlete il tempo è costituito da numeri che un giorno svaniranno nella memoria mentre le stupende sensazioni provate nel transitare sotto lo striscione d'arrivo rimarranno indelebili nella tua mente, e questo dev'essere lo spirito per affrontare le lunghe distanze senza doversi ritirare allorchè ci si accorge di non poter più ottenere quanto ci si era prefissati a livello cronometrico.

Un esempio di umana grandiosità è Michele D'Aquino un triatleta italiano residente in Svizzera che ogni anno incontro a Lanzarote - un pioniere del triathlon (penso abbia terminato più di 30 Ironman....) un tipo pittoresco conosciuto alla mia prima partecipazione nell'isola canaria. L'anno passato  mi soffermai con lui qualche minuto durante la frazione in bicicletta (in uno dei pochi tratti pianeggianti!!!)  per salutarlo e per ribadirgli la mia presenza ad agosto in quel di Zurigo.
Costui mi disse che non avrebbe preso parte all' Ironman Switzerland ma che mi avrebbe sostenuto moralmente in quella giornata.
Come tutti ben sapete l'anno scorso in terra elvetica il clima non è stato dei migliori e mentre ero impegnato nella salita che concludeva ognuno dei due giri previsti ho udito un "Vai Amedeo !!!!!!!!!!" e malgrado la durezza dello strappo (odio le salite) riconoscendo il buon Michele è comparso sul mio viso un sorriso che per un attimo mi ha fatto dimenticare lo sforzo compiuto.

Altri personaggi degni di nota che mi vengono alla mente sono gli atleti di scuola sovietica (estoni , ucraini) con i quali ho festeggiato la loro memorabile prestazione a Klagenfurt. Erano alloggiati nella pensione dove alloggiavo e dovevano effettuare dei veri tour de force per fare ritorno al loro paese dopo la gara.
Mi ha notevolmente colpito la loro semplicità che paragonata alla boria di qualche triatleta nostrano ha dimostrato che come si suol dire la classe non è acqua e che la caratura di un vero campione ha come  componente basilare la semplicità oltre che il talento ricevuto da madre natura.

Da non scordare anche quel giovinotto di Scolari Armando, accompagnato dalla simpaticissima moglie Piera: persone davvero amabili con le quali ho condiviso diverse esperienze di natura sportiva .
Infatti essendo la maratona la mia grande passione vuoi per il corollario di personaggi che vi partecipano ma in primo luogo per il clima molto spensierato nonchè casereccio, non di rado incontro il buon Armando il quale mi domanda : "quante ne hai fatte finora?" e alla mia risposta sbatte la testa e aggiunge "ma ti te se mat" (ma tu sei matto).
D'altronde mi risulta assai noioso il dover fare da solo dei lunghi per cui preferisco cimentarmi sulla classica distanza in compagnia di numerose schiere di runners i quali noncuranti della lunghezza della prova partono sempre a tutta per poi trovarsi dopo la mezza con i serbatoi di glicogeno esauriti.

Un altro amico è Marco Novelli che ammiro per la costanza e la capacità di sopportare mentalmente programmi d'allenamento la cui sola lettura, in qualità di Ironmerd, mi provoca bruciori di stomaco e un senso di nausea.
Ripetute, medio, corto veloce, salite di forza resistente sono vocaboli non in sintonia con la mia preparazione naif dove è bandito anche il cardiofrequenzimetro, accessorio molto utile ma che può condizionarti psicologicamente facendoti perdere quella caratteristica a mio avviso fondamentale che è data dall'esatta conoscenza delle sensazioni che il corpo stressato ti invia .

In ogni caso l'importante è potersi "arricchire dentro" tramite l'incontro con atleti di varie culture e quando noto l'accoglienza calorosa ricevuta da persone conosciute negli anni passati significa che anch'io sono riusciuto a donare a loro qualcosa di positivo e che è stata apprezzata la mia semplicità .  
Comunque sia dopo avervi annoiato con le mie divagazioni sul pianeta Ironman spero di ritrovarvi sui campi di gara per sostenerci l'un l'altro in questa nostra faticosissima passione che ci chiede tanto in termine di sacrifici ma che allo stesso tempo sa gratificarci con i dovuti interessi.

Saluti dall' IRONMERD 
 

Vi capiterà forse di fare qualche lungo a piedi in compagnia a qualche non competitiva, la domenica mattina... Se andate troppo forte, vi perdete qualcosa: trovatelo qui, in questo pezzo apparso qualche mese fa sul Gazzettino, quotidiano del NordEst.

Una corsa da fare

di Mauro Mongarli


Le cosiddette “corse non competitive”, o “marce a passo libero” sono una realtà che ha superato le fantasie dell’agonismo - almeno nel numero dei partecipanti.
Sono ormai migliaia le persone che si trovano la domenica mattina presto in qualche piazza di paese e, fra le 8:30 alle 9:30, “partono”.
Dove vanno? A cosa aspirano? Perché non stanno a poltrire?
E’ come chiedere loro cosa significa “competitivo”. Probabilmente risponderebbero:
“Beh, competitivo è uno in grado di competere, nello sport come nella vita”
Uno che vuole sempre vincere?
“No, è uno che può, e quindi che fa”
FARE. In un Paese come il nostro dove regna lo scaricabarile e tutto sembra in carico al nostro prossimo, è una verbo apparentemente in disuso.
Però se ci alziamo ancor prima dei sedicenti non competitivi e li precediamo tutti al ritrovo, qualcosa di di strano si nota...
Innanzitutto, tutti fanno tutto. Le società si dividono i compiti. Siamo al tuo paese, organizzi tu, io porto il camioncino per i premi, l’altro può portare lo stereo per annunciare i nomi degli sponsor (Eh, il mio si è rotto! Fa niente, chiedo a mia figlia se mi presta il suo). Poi calano le tende con i ristori. Vengono sfoderati piatti tipici, specialità della nonna, vini preparati per l’occasione. E ce n’è sempre per tutti (soprattutto vino).
I non competitivi arrivano a grupponi - sì, perché “vince” il gruppo sportivo più numeroso: in pratica la gara c’è, ma finisce con la conta dei biglietti venduti a ciascun gruppo sportivo, che poi riciclerà i premi mettendoli in palio alla lotteria della cena sociale di fine anno per finanziare la benzina per andare ad altre gare e poi vincere altri premi... uno dei tanti circoli virtuosi dove tutti hanno da guadagnare, in questo ambiente.

Gli uomini e le donne che fanno cominciano a ritrovarsi e a dirsene di tutti i colori.
“Co ‘sto freddo, in braghe curte!”
“Caro mio, go certe fumane stamattina!”

Quando la partenza è lanciata (si fa per dire) in genere parte solo chi usa queste gare per allenarsi ad una gara agonisitica. Sono tanti e tollerati, anche se in qualche modo competitivi, perché non travolgono nessuno e in genere hanno le loro merendine spaziali, all’arrivo: non rubano la polenta col musetto a nessuno, al ristoro finale! Quando la massa si muove (esclusi quelli che “se portemo ‘vanti”) siccome non è bello troncare i discorsi iniziati, si cammina. Il grosso del gruppo fa in genere il percorso corto, cinque o sei chilometri. Molte signore di una certa età sono dei veri spettacoli di moda: il cachet dei capelli è intonato alla tuta (i colori sono quelli: dall’azzurrino al fucsia), gli stessi capelli hanno ancora le impronte digitali del coiffeur, i gioielli sono esposti con grazia.
Si trovano molte persone che a correre ci provano gusto, ma sarebbe più corretto dire solo che ci provano: stile e calzature sono meno che adatte, ma meriterebbero tutti la copertina di Sorrisi e Fiatoni per impegno, spirito e voglia di salute.
Già, salute... questa parola, in questo ambiente, è ancora più diversa di “competitivo”, dal senso comune.

Come competitivo richiama la possibilità - e la gioia - di fare, “salute” viene visto non tanto come qualcosa da salvaguardare ma come un capitale da investire, perché no? anche con una sgambata domenicale. Ragionamenti post New Age? Non credo proprio. Anche qui le motivazioni sono diverse: c’è chi dei medici si è proprio stufato e con una corsetta e qualche capatina in piscina ha sconfitto i “dolori” (categoria generale del pensiero qui spesso in stretto connubio con “gli esami” ). C’è a chi magari secca un po’ che il giovane, atletico figliolo avesse ragione sul fatto che un po’ di moto potesse far bene anche alla sua (presunta) veneranda età, e non parliamo di chi molto praticamente comincia, dopo aver comincato a corricchiare, a tagliare le spese di medicinali con massima gioia di portafoglio e bilancio familiare.

Da queste due parole chiave, dunque, competitivo e salute, e dalla particolare interpretazione che i “non competitivi” ne fanno, è facile capire che queste persone sono una fetta della parte positiva della nostra società. Quella che all’ideale di una vita tranquilla non sacrifica altro che una vita di stress. Quella che del volontariato non sa cosa pensare, perché c’è troppo dentro. Quella che trova che passeggiare a lungo, corricchiare e (mammamia) correre schiarisce le idee, così magari ‘sta storia del prezzo della benzina non rimane più oscura, poi, se ci penso un po’ su. O magari becco l’OPA giusta per comprare lo scooter al nipote, o alla figlia.

Sono persone estremamente competitive, alla fine. Si battono per la qualità della loro vita anche con una corsetta, forti di un altruismo che dice loro quanto sia importante essere in pace con se stessi, per esserlo con gli altri.
Fortuna vuole che per vincere la corsa del viver bene non c’è bisogno di battere nessuno. E questo, alle non competitive, è chiaro a tutti.

La prima storia ospitata da IronMauro è praticamente in diretta! Ce la manda Graham Little, un forte triathleta inglese che abita in Germania e che da pochissimi giorni è in California per lavoro. Graham è un buon nuotatore e un fantastico ciclista: è uno che affronterà la Race Across America a squadre, quest'anno. IronMauro lo conosce bene, e pensa che se va avanti così presto dovrà farsi fare la muta su misura, con quelle cosce...
A lui la parola!

An Englishman in Paradise

Ciao!

Ora so perché i triatleti californiani sono sempre così felici: vivono in paradiso.
Sono arrivato qui per lavoro, dovendo stare qualche mese, e mi aspettavo di essere classificato come un tipico europeo che sa tutto lui di bici e vorrebbe fare il triathleta serio, e di essere ignorato dal 99% dei ciclisti, una volta in strada...Sbagliavo. Sia che indossino la maglia di un team o solo un costume da bagno, qui praticamente tutti i ciclisti salutano i "colleghi", quando li incrociano (Graham ci ha detto una volta che in Germania succede davvero di rado - ndr). Mi è saltatauna catena, una volta, e ben in tre si sono fermati per chiedermi se andava tutto bene, se avevo bisogno di una mano.
Le macchine, poi, ti stanno dietro fino a quando il sorpasso non è sicuro! In Germania, invece, aspettano che non ci sia nessuno in giro per buttarti fuoristrada...

Ma andiamo con ordine.

Sabato 13 gennaio.
La sveglia è venuta dal mio vicino, alle 5 del mattino. Si esercita con il banjo. Ok, facciamo finta di alzarsi presto per una gara (si può essere più inglesi? - ndr). Mi alzo e comincio a rimontare la mia bici, dopo il viaggio. Ho dei pedali nuovi, e scopro che mi serve una chiave che non ho, così devo aspettare le nove per andare a comprarla. Trovo subito un negozio con prezzi spaventosamente bassi, poi faccio l'errore di entrare in un supermarket per comprare della frutta. Ouch! Per fortuna posso mangiare in mensa, al lavoro, altrimenti per comprare frutta e verdura dovrei vendere la bici!
Una spesa decente per una persona può arrivare in breve anche a 100 dollari.
Ora comunque c'è un bel sole caldo, tanto da farmi cambiare idea sul fatto di passare il weekend tranquillo e smaltire il fuso orario. Decido per una pedalata di un'oretta, in agilità, ma trovo subito una bella salita, larga, ben asfaltata, in mezzo all'aria fresca... Presto la pendenza si fa più sensibile, ma sono distratto da un auto che mi si incolla dietro, mentre affronto della curve in rapida successione. Appena la strada si fa dritta mi passa, distante da me e con gran rispetto... io che mi aspettavo auto e camioncini con le tacche dei ciclisti "abbattuti" sulla portiera, tipo caccia della seconda guerra mondiale! La collina ora mi stronca, e capisco dal fiato ultracorto che nonostante tutto il fuso orario si fa sentire. Tornando al mio appartamento, incrocio un sacco di ciclisti, tutti che salutano, e con i più amichevoli chiacchiero per avere un po' di coordinate della zona: negozi, strade, salite...

Domenica 14 gennaio
Avevo previsto una mega dormita e un giro di un paio d'ore (il giorno prima dall'oretta ho fatto due ore e mezzo!), ma alle cinque mi sveglia ancora quel banjo...
Alle 8 mi alzo, e salgo subito in bici. La giornata è bella, solo un po' nuvolosa.
I ciclisti sono molti anche oggi. Qui la maggioranza usa bici americane, in pochi usano le magliette dei team, ma in compenso hanno addosso gadget a iosa o materiale che in Europa si vede poco, tipo i caschi a specchio.
I triathleti sono molti, e si riconoscono subito. I gruppi raramente sono numerosi. Vado a caccia di strade, seguo qualche gruppetto. Le piste ciclabili sono quasi onnipresenti, e ne seguo una che mi ispira. Mi ritrovo in breve in un panorama alpino, non fosse per le sequoie e i legni di sandalo... Mi perdo, ma subito trovo indicazioni da altri ciclisti. E sono volate altre 4 ore... Meglio riposare, in fondo sono qui per lavorare, da domani! Speriamo bene per il suonatore di banjo...
Graham