Lo sport nel fango (13 aprile 2003)

Alla Parigi-Roubaix di oggi non c'era fango.

Era tutto sui Colli Euganei, gradito ospite della 19esima edizione della Traversata dei detti colli: 42 km, 2000 metri di dislivello.

La giornata, in partenza, si presentava meravigliosa, ma le abbondanti piogge dei giorni scorsi ci hanno fatto pattinare tutti un bel po', soprattutto all'inizio, quando si era ancora tutti in gruppo (3-400) e si affondava nella mota fino alla caviglia (almeno non si cadeva da quanto eravamo fitti sul quel sentierino iniziale).

Dopo un po', cominciavamo appena a sgranarci, il terreno migliora ma appaiono le prime corde. Dei partecipanti toscani, probabilmente livornesi, col poco fiato che restava loro imprecavano sul fatto che MAI nel bel mezzo della Val Padana si sarebbero aspettati un sentiero attrezzato e massi del genere. Arrivati sulla cima del monte Pirio il panorama bello da impazzire, con le brume della piana, prevede anche le falde della rocca Pendice, con la sua nota scuola di roccia. Uno dei toscani mi chiede a quale km stiamo. Al settimo, rispondo. Mi sembra seriamente preoccupato.

Si sale lungo una cresta, ma si riesce ancora a correre, con qualche tratto fangoso che mette alla prova l'equilibrio di tutti in modo duro, soprattutto nelle discese (il dislivello a venir giù è pari a quello in salita, fate voi). Ho scelto scarpe da strada appena scolpite, me la cavo bene: anche nelle discese fanno il loro dovere.

Dal decimo in poi c'è saliscendi senza rampe assassine, con maggioranza di discesa, ed è il festival del fango.
Ad un certo punto, in una discesa molto ripida e stretta, vedo davanti a me un pazzo che ha in ispalla nello zaino apposito il figlio di due anni e mezzo-tre. Quella che intuisco essere la madre è poco più avanti. Sono a cinque metri. Il bimbo mi guarda, mi sorride, mi dice: "Attento!" e il mio culo per la prima volta tocca pesantemente il terreno. Arrivo dietro di lui, e ancora: "Attento!". Il sedere è salvo solo perché scivolo battendo il piede di piatto su di una roccia. E' più lo spavento che altro, per fortuna. Sorpasso, raggiungo la madre e da dietro sento: "Mamma, attenta!". La madre si accartoccia sui bastoncini e si salva per miracolo. Incrocio gli occhi della donna, affranta: "Non dire niente, ti prego". Prevedo un divorzio, un infanticidio, o entrambi; provo a scendere tappandomi le orecchie con le mani ma è troppo pericoloso. Per fortuna riesco ad allontanarmi velocemente. Non siamo ancora a metà maratona, e quel pupo iettatore mi pareva fin troppo sveglio, povera ragazza.


Metà gara arriva, e io mi sento ancora bene - un po' in ritardo su quanto speravo, ma avevo fatto il conto sull'asciutto, quindi va bene, chissenefrega.

Ora si dovrebbe ancora salire per altri sei, sette km. Sono in un gruppetto magari non fortissimo ma agguerrito, che non riposa troppo sugli allori. Ai ristori e ai controlli non fanno che ripeterci di insistere, che siamo nei primi 100, che se manteniamo la posizione saremo nell'élite della gara, e così via. Mah. Sull'élite ho dei dubbi, ma la cosa ci infonde un po' più di agonismo, indubbiamente: ci si aiuta ma ci si marca stretti.

Si arriva ad affrontare un tratto che conosco bene. Anticipo il ristoro dando fondo alle mie scorte personali, quindi bevo solo acqua e sali e parto deciso. In un amen faccio un buco di circa settanta metri. Gioco a fare l'agonista e mi diverto, ogni tanto, quando la situazione è propizia.
Vado via bene quando dietro una curva fangosissima... incrocio cinquanta persone in gita parrocchiale! Scendendo, procedevano pianino dove c'era meno fango, e volendomi dare la precedenza (e facendo un gran tifo, devo dire) si fermano tutti lasciandomi quasi piangente nella palta in mezzo al sentiero.
Sul momento mi incazzo perché sono quasi fermo, poi noto che ormai zuppo sono zuppo, che se li schizzo di fango si divertono e non ci penso più. Fra questo passaggio e due guadi di torrente il gruppetto "Agonisti della Domenica" si ricompatta, ma noto che gli altri sono molto meno baldanzosi di prima: evidentemente han provato a riprendermi e han fatto fatica. Io comunque non sono più fresco di loro, quindi decido di star calmino e di risparmiare energie.

I km cominciano a farsi sentire, siamo oramai quasi al 30esimo. In un momento di maggiore lucidità realizzo che da un po' non sudo e non faccio pipì. Mi lecco un avambraccio: non so neanche di sale. Sto ancora benino, ma come sapete questi sono brutti sintomi, Intanto il sole picchia duro, e mi trovo da un po' in un tratto esposto.

Rallento un poco, per sicurezza, anche perché fra poco arriva il monte della Madonna, che conosco bene ed è un osso davvero duro, anche se asciutto (è esposto ad est).

Proprio alla base di questo spauracchio c'è un ristoro dove c'è del brodo. Evviva! Un po' di sale può sbloccarmi, se magari c'è un inizio di iponatremia - rischio che tendevo a ritenere possibile solo durante un ironman, ma evidentemente mi sbagliavo.
Questo ristoro lo prendo comodo, e poi riparto. Facendola breve, arrivare su al santuario del Monte della Madonna è durissima. Ho camminato piano per la maggior parte del tempo, senza un pensiero in testa, senza far pipì, senza sudare. Ero seriamente preoccupato, non avevo forza per essere/fare altro.

Poco prima della cima un ristoro mi rincuora per la bella atmosfera, anche l'ombra è apprezzata. Arrivo al Santuario, km 37, che la radio del dottore dà il segnale orario delle 14. Son partito alle 8, speravo di essere al traguardo per quest'ora, invece c'è ancora da salire il Monte Grande e un discesone ripidissimo, di quelli che non ti fanno rilassare per niente.

Il Monte Grande lo cammino di discreta lena (ho fatto pipì! scuretta, ma l'ho fatta!). Riesco anche a sudare. La discesa ripida invece mi finisce, in quanto le scarpe e i piedi non vanno più d'accordo: è asciutta, la discesa, ma fatico a fare un passo discreto anche verso la fine, che è asfaltata ma è via Groppetto, via che tutti i ciclisti della zona conoscono ed evitano per le sue pendenze (lunghi tratti al 20% con punte al 25%).

Vedo lo striscione d'arrivo, al campo sportivo di Villa di Teolo, e ci passo sotto mentre il campanile suona le tre.
Mi aspettano un diploma, una maglia, 300ml di bagnoschiuma, un piatto di minestrone, un panino al salame.

L'atmosfera è quella della corse in montagna: tranquilla, sorridente, senza nessuno che ti tira scemo con i suoi se, i suoi ma, le sue proteste. Ad attirare l'attenzione c'è solo una ragazza con qualche problema di pressione, e uno che bestemmia perché fatica a togliersi il fango dalle gambe molto pelose.
Io mangio, chiacchiero, avverto Marcella che sono vivo, faccio per partire con la macchina ma... resto impantanato nel fango del prato, e mi ci vuole un po' a trovare l'angolo di terra giusto per uscire.
Il fango della Roubaix, dicevo all'inizio, ce lo siamo goduti noi, fino in fondo.

Ed essendo i Colli Euganei zona termale, vi assicuro che i polpacci dei partecipanti alla Traversata non sono mai stati così belli.


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